IVA – Esenzione IVA Terzo Settore: slitta al 2026 col Milleproroghe

Rif.: comunicato stampa n. 107 del Consiglio dei Ministri del 9.12.2024

Dal 1° gennaio 2025 era prevista l’entrata in vigore delle novità contenute nel DL n. 146/2021 per gli enti associativi del Terzo settore.

In particolare, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che attualmente beneficiano dell’esclusione dall’IVA avrebbero dovuto essere attratte nel campo di applicazione dell’IVA (in regime di esenzione).

Tuttavia, lo scorso 9 dicembre il Governo ha approvato il decreto Milleproroghe che prevede anche lo slittamento di questo termine. Infatti, come recita il comunicato stampa n. 107 del Consiglio dei Ministri: “si proroga al 10 gennaio 2026 il termine a decorrere dal quale trova applicazione il nuovo regime di esenzione IVA per le operazioni realizzate dagli enti associativi di cui all’articolo 5, comma 15 -quater del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146.”

Ricordiamo che tali enti, quando entrerà in vigore la norma ora prorogata, non dovranno sempre applicare l’IVA alle operazioni effettuate; infatti, molte volte beneficeranno dell’esenzione IVA, però il venir meno del regime di “de-commercializzazione” IVA determinerà un aggravio di adempimenti a carico degli stessi in quanto le operazioni esenti, a differenza di quelle escluse, sono soggette a obblighi formali per l’IVA (emissione e registrazione delle fatture). Infatti, il regime di esenzione attualmente previsto per le Onlus (per alcune prestazioni come ad esempio, sociosanitarie, educative e dell’infanzia) sarà esteso agli enti del Terzo settore non commerciali.

La concessione di un altro anno di tempo sarà determinante, dunque, per provare a semplificare l’impatto della nuova disciplina IVA sugli enti associativi tenuto conto che il nuovo regime interesserà alcune tra le entrate di maggior rilievo nei bilanci di tali realtà.

Parliamo dei corrispettivi specifici ricevuti da enti sportivi, associazioni di promozione sociale, culturali, partiti politici, sindacati e organizzazioni di categoria con riferimento a operazioni rese nei confronti di soci, associati o partecipanti (ad es. le quote per la partecipazione a corsi, gite, o per la vendita di beni e servizi o la fruizione di spazi).

A questo si aggiunge l’ingresso nel regime delle operazioni IVA imponibili delle attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte di Aps iscritte nel registro del ministero degli Interni. Per molte realtà, dunque, si renderà necessaria l’apertura della partitaIVA valutando anche la possibilità di fruire di eventuali dispense rispetto ai conseguenti adempimenti legati alla gestione del tributo (art. 36 bis del DPR 633/1972).

Poiché tali disposizioni sono tuttora in corso di definizione (è probabile l’introduzione di una soglia di franchigia, si parla di 65 mila o 85 mila euro di entrate derivanti dall’attività delle associazioni), e considerato che entrano in vigore a partire da gennaio 2026, gli ETS continueranno ad operare, per tutto il 2025, le norme fiscali tuttora in vigore.

Ciò vale anche per l’IVA, in relazione alla quale non si deve tener conto dei riferimenti attualmente contenuti nell’art. 10 del DPR 633/1972 agli enti del Terzo Settore non commerciali.

In particolare, le prestazioni previste dall’art. 10 riguardano:

− art. 10, numero 15: prestazioni di trasporto dei malati o feriti con veicoli all’uopo equipaggiati;

− art. 10, n. 19: prestazioni di ricovero e cura;

− art.10, n. 20: prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione e la riconversione professionale, comprese le prestazioni di vitto e alloggio e la fornitura dei libri;

− dell’art. 10, n. 27-ter: prestazioni sociosanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità o simili, in favore degli anziani e deli inabili adulti, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento, di persone migranti o senza fissa dimora ed infine di richiedenti asilo ed a altri soggetti, rese da diversi soggetti pubblici o privati.

I riferimenti agli Ets non commerciali troveranno applicazione a partire del gennaio 2026 (salvo ulteriori proroghe) mentre ad oggi sono applicabili alle Onlus.

Quindi dal 2026 nel concreto, rispetto alle attività sopra menzionate:

  • per le Onlus che diventeranno enti del Terzo Settore non commerciali, la sostituzione del riferimento specifico (Onlus) con quello di Enti del Terzo Settore non comporterà alcun cambiamento, nel senso che è destinato a rimanere invariato il regime di esenzione attualmente previsto per le prestazioni di cui sopra effettuate dalle Onlus;
  • per le Odv, invece, il nuovo il nuovo regime avrà, in relazione agli adempimenti contabili, un forte impatto perché le costringerà a passare dall’esclusione IVA al regime di esenzione IVA, che comporta obblighi di fatturazione elettronica, di tenuta della contabilità e di dichiarazione annuale;
  • Per le Aps e gli altri enti del terzo settore non commerciali troverà applicabile il regime di esenzione IVA.

Dunque, per le prestazioni sociosanitarie, educative, etc. dal 2026 si assisterà ad una maggiore estensione del regime di esenzione IVA rispetto all’attuale, che è limitata alle sole Onlus.

Tuttavia, questo non comporterà alcuna conseguenza sui costi degli enti locali che, per le prestazioni di cui sopra, riceveranno fatture esenti IVA.

Le esenzioni IVA si applicheranno solo agli Enti del Terzo Settore (Ets) di natura non commerciale. Tuttavia, poiché nelle fatture e negli altri documenti verrà indicato solo l’acronimo “Ente del Terzo Settore” senza altre informazioni sulla loro natura commerciale, gli acquirenti non possono verificare correttamente l’applicazione dell’IVA sui servizi resi. Questo perché la natura commerciale o meno degli Ets dipende da fattori non noti ai committenti, come la copertura dei ricavi rispetto ai costi e l’uso dei proventi.

In ogni caso, la materiale impossibilità, per il comune/committente, di accertare la natura commerciale o non commerciale dell’attività svolta dall’Ets/fornitore di servizi, non potrà dar luogo ad alcuna sanzione a carico dell’ente.

In effetti, è ormai pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, che l’obbligo di regolarizzazione delle fatture errate di cui all’art. 6, co. 8, Dlgs. 471/97 non può estendersi fino a sindacare la qualificazione soggettiva del fornitore/emittente che – sul punto – resta sempre l’unico e solo responsabile. A questo punto, gli enti locali potranno limitarsi a recepire il regime impositivo (imponibilità o esenzione) riportato in fattura dagli Ets, senza alcuna particolare analisi del loro “status” fiscale.

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